Tully, e la sua coinquilina
“Non sono protettiva, sono spaventata”
Ad un prima visione è difficile cogliere la stratificazione dei significati che il film Tully ci propone. C'è un'immediatezza legata ad un primo livello narrativo che rischia di esaurire la nostra attenzione. Marlo è alla sua terza gravidanza e necessita di un supporto per affrontare i primi mesi di vita della sua bambina. Assistiamo ad un racconto quasi didascalico di tutte le difficoltà che si possono incontrare in uno dei momenti più delicati della vita di una donna e degli accorgimenti o soluzioni ideali per fronteggiarle. Già questo potrebbe essere sufficiente a molte di noi per ripercorrere un passaggio durante il quale i cambiamenti da affrontare e gestire sono tanti e riguardano il proprio corpo, i ritmi di vita, il sistema famigliare, il ritrovarsi immerse in un legame di dipendenza dal quale non ci si può sottrarre.
Ma la descrizione di questo personaggio e del suo mondo interno riesce a raggiungere un livello ancora più profondo e coinvolgente. La nostra protagonista sembra infatti essere alle prese con una ridefinizione identitaria che la costringe a fare i conti con la sua “personalissima coinquilina”, la giovane adulta che non è più e che ancora non è disposta a lasciare andare, a differenza della sua ex coinquilina Violet con cui non abita più fisicamente da diversi anni e che le è diventata ormai estranea. Ed è proprio nel dialogo tra la parte più adulta di lei che le ricorda il senso della semplicità e della ripetitività dei gesti quotidiani di accudimento, e la parte che invece rischia di scivolare via verso un passato più sregolato in cui tutto sembrava possibile come in un sogno, che si esprime l'angoscia del personaggio. Marlo ha come unica possibilità quella di negoziare un compromesso tra le due che le permetta di continuare a sentirsi viva.
La sua sfida ci ricorda che alcuni momenti della vita sono snodi, faticosi ma importanti, che permettono una seconda, terza, quarta... nascita.
Tully, Jason Reitman, 2018.